Monday, November 20, 2006

Bobby Jonathan e Clare

“Restiamo un po’ a guardare le montagne, poi ci giriamo verso la casa. È talmente vecchia che perfino gli spiriti si sono fusi alle pareti. La si sente abitare non dall’infelicità personale di qualcuno ma dalle esistenze di dieci generazioni, dei loro pasti e delle loro liti, delle nascite e dei loro ultimi respiri”

A loro è sembrata così, quella casa alla fine del mondo.
E io li ho invidiati, non saprei spiegare quanto. Perché avevano in dono qualcosa che un’amica, una volta, ha chiamato nel modo più giusto: il loro amore disordinato. Ci penso da ormai troppo tempo. Non avere paradigmi ma dare l’accesso a qualcosa di sconosciuto. Come una mano che entra dentro la sabbia asciutta, e stringe le parti più nascoste di te. Bobby, Jonathan e Clare, sono diventati un nuovo esempio, che conserva pentimenti e l’ombra del fallimento. Ma quei giorni sono i più belli del libro. Quando Clare dice:
-Cammino per la casa e ho come la sensazione di trovarmi sull’ala di un aereo. A diecimila metri. Vorrei che a te e Jonathan sembrasse strano come a me”.
Era la loro rivincita, la rivalsa di tutte le notti della loro vita precedente quel momento. Era il loro segreto miscuglio di amicizia e amore, di emotività spremuta.
Michael Cunningham mi ha insegnato così tanto, della scrittura, e della spettinata immaginazione di cui è capace. Ma ha fatto qualcosa in più. Ha scritto di tutti noi, e delle nostre possibilità di riuscita. Di questo futuro che non conosciamo, che possiamo inventarci in una menzogna, che ha comunque la vita breve di una qualunque verità. Perché Clare pensava che sarebbe rimasta, perché Bobby credeva che Jonathan si sarebbe salvato alla fine, e che quelle macchie erano solo dei lividi innocenti, e che tutto sarebbe rimasto immobile.
Ho scoperto, attraverso questo libro che non è solo un libro ma una vera e propria storia, che esiste sempre un altrove, oltre ciò che possiamo immaginare per noi stessi; e che quell’altrove può essere addirittura meglio.

“Così restammo seduti a cantare su quel terrazzo finchè non venne davvero buio e intorno a noi la città fiammeggiò di dieci milioni di party”

3 comments:

Anonymous said...
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Casa_Libera said...

Dopo aver visto il film, che so essere infinitamente peggiore del libro, sono stato per settimane a pensarci su, colpito da un'indescrivibile malinconia che mi torna anche adesso che ne scrivo, a distanza di un paio di anni.
Sarà stata l'incantata (ma non ingenua) figura di Bobby, ottimamente interpretata dalla recitazione di Collin Farrel (ma anche degli altri due attori che si susseguono con lo svolgersi della sua crescita); sarà stata l'atmosfera degli anni 70 rappresentata nel film, epoca di grandi promesse figlie dello "sconvolgimento" di alcuni "valori" portati dal 68; sarà stata la visione di un mondo gay vissuto così candidamente da essere addirittura spudorato; sarà stata la visione dell'AIDS, morbo cresciuto durante la mia gioventù ma che mi ha sfiorato solo una volta con la morte di un amico. Non so. So che ho amato il film, che ho comprato il libro (che però non ho mai letto) e che se ci penso mi si luccicano gli occhi. Credo di sapere cosa sia: la rappresentazione della passione, di quel fuoco che ho vissuto e che ora è sopito, che resiste sotto la cenere della vita per far guizzare qualche fiamma ogni tanto...

Alec said...

Splendido commento C-. Grazie per questo passaggio. E io, futuro editor e prossimo scrittore molto (troppo?)motivato, non potrei non dirti di leggerlo quel libro. E di corsa. Un abbraccio.