Monday, April 07, 2008

Eroi

Oggi nevica polline. Letteralmente. Io sto a occhi stretti, perché naturalmente qualche anno fa mi è piombata una splendida e immancabile allergia. Come se non ne avessi abbastanza. Beh comunque; in giorni così mi ricordo di quando facevo il liceo, ed era bellissimo fare sega a scuola e andare al mare. I primi caldi, quando le giacche le si lasciava sotto la sella del motorino. Erano in giorni così che ci si poteva innamorare. A me è successo. Almeno un centinaio di volte. Pochissimi lo hanno saputo, e altrettanto pochi si sono fatti trascinare dietro le fresche frasche.
Oggi ho voglia di pensare a quanto era facile scivolare dentro un sentimento, immaturo e libero da ogni cosa. Potevo promettere l’anima. E non c’era il peso di parole buttate al vento, dietro le spalle. Eravamo tutti curiosi di sapere cosa fosse l’amore, magari anche l’incerta idea del possesso ci faceva brillare gli occhi. Ma era tutto lì, speso in un attimo.
Mi manca la leggerezza del cuore; quella leggerezza che non è mediata da nessuna paura.
Quell’ebbrezza di poter pensare che fosse per sempre; un amore ingenuo che guaiva di inesperienza.
Ci penso proprio oggi e non è un caso.
Penso a quante coppie mature e rodate io conosca. E ci metto un secondo. Quante altre invece ho visto nascere e sciupare? Un’infinità. Mi dico che è normale, che veniamo posseduti da un brivido che ci tiene stretti, e che dura sempre troppo poco. Penso a quanti vorrebbero trasformare un loro eventuale rapporto in una cosa che assomigli a una famiglia, e che sia di fatto come una famiglia. Eppure io continuo a vedere moltissimi giovani, amici, e amici di amici, che faticano a lasciarsi andare all’amore. Quel gioco che si faceva a quindici anni, quando si arriva ad avere trent’anni è una sfida, una lotta con sé stessi e con l’altro. Accedere e rendersi accessibili diventa quasi un lavoro.
Per una volta non penso a me, ma a quello che vedo attorno. Succede sempre meno spesso di conoscere una coppia; e quando accade mi scopro meravigliato di sapere che magari il loro rapporto dura da diversi anni. C’è sempre l’esigenza di complimentarsi, di incoraggiare il loro amore, come fossero tornati dalla guerra e avessero trovato un modo per resistere al bruciore delle ferite; li vedo inconsciamente come eroi. Non dovrebbe essere normale? Hanno un lavoro e degli amici, si sono conosciuti in discoteca, si sono baciati sotto la consolle, e da allora non si sono mai lasciati. Hanno avuto i loro litigi, le loro ombre ma chi no…. E stanno insieme e magari vanno anche a vivere insieme dopo qualche tempo, perché “spendere due affitti è stupido e perché ci vogliamo bene”. Io mi ritrovo a meravigliarmi. E mi vergogno!
Stamattina ho saputo che l’ennesima coppia si è persa; hanno allentato la stretta e si sono allontanati. A quindici anni si soffrirebbe in maniera diversa, unica penso! Forse si piangerebbe mentre la compagna di banco ti accarezza i capelli durante la ricreazione chiusi in bagno (ops, eccomi!). Invece a trenta ci si trincera dentro il gelido riserbo che quella storia è nostra. Che è difficile spiegare. Non ce ne accorgiamo, ma momenti così ci restano dentro in qualche modo, sempre di più. E ci cambiano. Per motivi che hanno sempre meno senso, e sempre meno parole.
Vorrei imparare a meravigliarmi di questo.