Wednesday, January 31, 2007

Post al futuro.

Oggi è il 31 gennaio 2017.
Non ho mai visto un inverno freddo come questo. Da anni i media ci preoccupano con la minaccia della desertificazione. Eppure Bologna oggi si è svegliata sotto un mantello di neve a maglie strette.
Sarà il tempo, oppure i miei trentasette anni suonati, ma in questo momento ho uno strano senso di malinconia che mi pervade.
Misuro a piedi scalzi la mia casa. È come se ci vivessi da sempre. E invece non è ancora mia del tutto, e i tempi in cui stavo in affitto in fondo non sono così lontani. L’uomo con cui vivo, di cui vi parlo spesso, è il mio compagno. Ci siamo sposati quattro anni fa, e ciò che ci unisce è l’indomabile paura di perderci, di non riconoscerci più, impegnandoci affinché questo non accada mai. Guardo quello che abbiamo costruito. La nostra vita è diventata come speravamo. Abbiamo fatto in modo che tutto ci somigliasse. Che ogni espressione alla quale ci affidiamo, ogni gesto che ci riguarda, appartenesse a entrambi; raccontasse di noi.
Abbiamo faticato perché le nostre famiglie capissero, accettassero. E a guardare indietro, adesso, sembra incredibile che ci siamo riusciti davvero. Da quella inutile legge di dieci anni fa, che tentava di non scontentare nessuno, oggi ci sembra ancora così incredibile, pur ricordandoci l’emozione di quel referendum; il momento in cui potevamo permetterci di considerarci davvero una famiglia. Negli ultimi sei anni siamo stati invitati a una quantità di matrimoni davvero esorbitante. Il primo a raggiungere la vetta è stato Matteo, la mia vecchia sister. Noi ancora oggi lo chiamiamo: la pioniera. Ricordo di avergli sentito dire sì, e di aver sperato che un giorno capitasse anche a me. Poi il mio uomo, in altri tempi futuri, mi avrebbe tenuto stretto una sera d’estate, in Sardegna davanti al mare. Abbracciandolo gli avrei detto che per me andava bene, che non potevo dire che sì, anche io, e promettergli ogni cosa. In questi ultimi anni ho visto amici lasciare la città, per seguire il proprio amore oltremare, o cercare fortuna in paesi stranieri. Mi meraviglia e commuove, contare nella matematica semplice, di cinque dita, come ognuno di noi se la sia cavata. E pensare che ci davano per dispersi, per reietti. Mi accorgo anche di come le nostre madri abbiano smesso di preoccuparsi, e abbiano iniziato a essere fiere di vederci col fiatone, e chiusa nel pugno la nostra meritata felicità. Chi di noi in qualche modo non si è sentito un soldato, per coloro che verranno?
Che mondo era quando tutto era proibito? Quando le coscienze di inchinavano davanti a un segno della croce? Che mondo era il nostro, quando la ricerca faceva a meno delle cellule staminali? E che mondo sarebbe stato invece, senza i figli nati oltre l’amore, per mano della scienza? Che mondo poteva essere se l’HIV avesse continuato a graffiare? Penso a cosa sarebbe oggi la mia famiglia se il cancro non avesse trovato una cura.
Mi piacerebbe che il mio terzo romanzo parlasse di questo. Della fatica di noi guerrieri che siamo sopravissuti in quella lunga notte che facciamo fatica a dimenticare. Mentre la neve cancella le tracce, e il tempo ignora ancora una volta l’ignoranza, la diffidenza, la paura per quel che ancora non conosciamo.

Tuesday, January 30, 2007

Friday, January 26, 2007

L'inciucione


Ed eccomi qui!
Prima che lo diciate voi, lo dico io! I colori di questa foto, compresa la saturazione e contrasto del tutto, sono stati "leggermente" rivisti! Ma insomma, abbiate pazienza! Ho finto di essere un figaccione, che in qualche modo dovevo pur tener botta!
E giunto all'ultimo stadio di esposizione di me... beh ecco... sono contento di dirvi che dietro a tutte le parole lette fin qua, dietro alla mascherina da lingualunga, c'è questa faccetta seria e questo baffetto sparvierissimo... che ha cercato come può di assumere un'arietta sexy e truce, nonostante la calura di quell'assolatissima mattina di mare.
Contenti?

Tuesday, January 23, 2007

Io e Cosetto

Io e il mio Cosetto ci conosciamo da una vita. È uno dei miei più vecchi amici e siamo cresciuti insieme, nel vero senso della parola! Qualunque posto del mondo io abbia visto, e qualunque casa io abbia abitato, lui è sempre stato con me, rintanato in un cantuccio ma sveglio. Quando eravamo piccoli lo tiravo in continuazione, ovunque mi trovassi. Mio padre un giorno se ne accorse, mi prese da parte e mi disse che non era una cosa carina da fare. Qualche anno dopo scoprii che quel che mio padre intendeva esattamente era: tiralo se vuoi ma evita di farlo in pubblico!
Mi piace Cosetto, perché è testardo e a volte decide per me. Quando ha visto dal vivo una Cosetta, e parliamo di dieci anni fa, mi ha guardato e ha detto: “Ma è brutta, e poi cos’è questo strano odore! Beh se mi passate un phon al massimo le faccio una piega ai capelli!”. È che quando si mette un’idea in testa è difficile distoglierlo.
Mi è sempre sembrato un piccolo bimbo, cicciotello con le braccia cortissime, quasi invisibili. È un abitudinario, dorme sempre rivolto verso destra, di sveglia prima di me e sta ore sotto le coperte a stiracchiarsi.
Ha un animo socievole. Quando ho lasciato il fidanzato anni fa, e ho cambiato casa, lui mi ha guardato dritto in faccia con quel suo occhione a mandorla e mi ha detto: “è tempo di farsi nuovi amici”. Adesso ci troviamo a sbracciarci in un grande girotondo, ancora più grande della tim tribù (alla faccia di farci nuovi amici!). Mi piace anche perché non serba rancore, a differenza di me. Mentre io con qualche persona faccio fatica a scambiarmi perfino un semplice ciao, lui è in genere più mediato. Nel senso che una strusciatina per lui risolve qualunque genere di dissapore. Come i gattini quando reclamano cibo, che prendono a testate i padroni, anche Cosetto, quando decide dove andare, insiste al punto che è difficile dissuaderlo. In genere sta simpatico a tutti o quasi. È di animo generoso e per questo motivo si fa voler bene.
E poi è un chiacchierone. Adesso vuole stare sempre in compagnia del Cosetto di Luca. Una volta li ho sentiti. Io e Luca stavamo dormendo e loro a bassa voce si mettevano d’accordo. Sono scivolati giù dal letto e hanno aperto il frigo. Hanno piluccato qualcosa e poi si sono messi a fare lo scivolo d’acqua nel lavandino del bagno. E ridevano come matti. Sono diventati grandi amici. E se non si vedono per una sera, si telefonano e sghignazzano per i fatti loro.
Sempre insieme io e lui: siamo una squadra. Io voglio bene al mio Cosetto e…. guai a chi me lo tocca! Ahahahahahahahah (ma siamo seri! Altroché guai!).

Thursday, January 18, 2007

La mia mamma

Mia madre è bionda, pelle di porcellana bianca e occhi grigio ghiaccio. Che a guardare me, geneticamente Calimero, sembra piuttosto improbabile io spartisca alcun cromosoma con lei. Ma in realtà ci assomigliamo. Lei sembra un’attrice francese, dotata di una inquietante rigidità alquanto morbosa. La classica faccia da killer. Guanto di pelle nella borsetta e rossetto vermiglio sulle labbra.
La mia mamma guida sempre e solo in seconda. Sa bene che ci sono altre marce, ma dice che lei tanto va piano. Un giorno, sono sicuro, la vedremo decollare come sopra un elicottero. La mia mamma è un’ottima cuoca, peccato però che le abbiano diagnosticato il diabete qualche anno fa, e mò sticazzi che cucina cose golose e succulente come una volta. Presenta alla famiglia piatti rigorosamente ipocalorici. Anche a Natale i dolci li vediamo solo se guardiamo la Clerici in tivvù.
Mia mamma ha messo al mondo tre figli, e li ha visti andare via di casa, uno dopo l’altro, e seguire ognuno la propria strada. Ora dice di sentirsi un po’sola. Ma di nascosto secondo me tira un sospiro di sollievo e gioca la parte della chioccia senza più ragion d’essere.
Mia mamma fumava fino agli anni ottanta. Qualche sigaretta alla sera. Ha ripreso superata la metà dei novanta. Spipacchiava di nascosto, chiusa nel suo bagno. Aveva paura che mio padre si imbufalisse, cosa che poi effettivamente accadde. Io allora avevo sedici anni o giù di lì. Lei ha saputo solo dopo qualche anno che anche io lo facevo, seduto per terra nel terrazzo della mansarda. A pensarci ora, avremmo potuto avere un’occasione di complicità, che invece ci è mancata.
In quegli anni le dissi di essere gay e lei rispose una cosa simile al: “ E che credi, che non lo sappia?”. Oggi nega di aver detto una cosa del genere. Come fosse possibile che un adolescente dimentichi il momento del suo coming out. Eccerto!
Mia mamma adora riferirsi a sé stessa in terza persona. Un po’ come il papa. La mamma ti ha detto, la mamma ti ha fatto, su coraggio dillo alla mamma, accompagna mamma qua, fai a mamma questo favore etc etc. Da qualche mese esiste la versione: Nonna. La struttura è comunque la stessa.
Vedo mia madre tre, al massimo quattro volte l’anno. Lei non viene quasi mai a trovarmi: dice di avere paura di quel che può trovare in casa mia! Io la sfotto ma sappiamo tutt’e due che esiste un famoso scatolone, che viene prontamente deposto in cantina ogni qual volta lei atterri a Bologna.
Capisce sempre qual è il mio umore. E intuisce al volo quando mi innamoro. La frase è sempre la stessa:
- Dì la verità a mamma: c’è qualcuno per lo mezzo?
Non mi riesce di negare più di due, al massimo tre volte.
Quando due anni fa ho lasciato il mio ragazzo, e la mia convivenza si è mestamente arenata, mio fratello mi ha confessato di averla vista piangere. E adesso?- si domandava!
Quando le ho confessato il reale motivo del perché avessi deciso di concludere la mia relazione, lei, senza fare una piega, ha allontanato il ciuffo biondo dagli occhi, e senza guardarmi ha chiosato così:
- Ma non mi dire… sembrava tanto un bravo ragazzo… che razza di stronzetto!
Non ne abbiamo mai più parlato.
I miei fratelli sostengono che, più io cresca, più io stia diventando come lei. E la cosa onestamente mi fa paura.
Lei, mentre mi portava in grembo, sognava di partorire una bambina, e di chiamarla Emilia. Io in emilia alla fine ci sono andato a vivere, e direi che non è l’unico aspetto verso il quale ho cercato di accontentarla. Ma ho il dubbio che lei non sia tanto entusiasta quanto me di tutto ciò!
Beh, peccato!

Monday, January 15, 2007

Meraviglia

Mi meraviglia che il tempo passi così in fretta. Mi meraviglia scoprire di avere ancora un biscotto in fondo al barattolo. Mi meraviglia che per qualche ora il sole asciughi la nebbia alla mattina. Mi meraviglia una telefonata di mio padre, per sapere come me la cavo. Mi meraviglia prendere sonno subito dopo cena. Mi meraviglia che Britney Spears non abbia deciso di mettersi a dieta. Mi meravigliano le lacrime di un amico sulla mia maglietta, che si asciugano lente.
Mi meraviglia moltissimo rileggere le mail di due anni fa, e non riconoscermi affatto. Mi meraviglia questo cuore che si riscalda ancora e scoprire che mi piace il rumore che fa. Mi meraviglia ogni volta vederti sorridere mentre ti sveglio a suon di baci sugli occhi.
Mi meraviglia sempre vedere Alghero dall’aereo che atterra. Mi meraviglia che i miei vicini non si lamentino del volume della mia musica.
Mi meraviglia leggere le mie cose tradotte in altre lingue. Mi meraviglia sapere che qualcuno si commuove per qualcosa che ho scritto. Mi meraviglia da tanto contare quelle poche persone che ci sono sempre per me, e trovarmele affianco da una vita o quasi. Mi meraviglia sapere che voltare pagina non è così difficile come si teme. Mi meraviglia avere la sensazione che qualcosa di grande e importante stia per accadere. Mi meraviglia sentire che le giornate si stiano lentamente allungando. Mi meraviglia che i saldi siano già praticamente finiti. Mi meraviglia che tu pensi di infastidirmi mentre dici: “che bono quello”, a qualcuno che sta in tivvù; più o meno quanto mi meraviglia scoprire che in effetti un po’ mi infastidisce.
Mi meraviglia pensare che il mio fratellone si sposi a settembre. Non mi meraviglia vedere mia madre che già da di matto.
Ogni tanto mi meravigliano i miei pensieri, i miei sbagli, le cose che dico e le cose che mi sento dire. Mi meravigliano gli alibi e le dita delle mani dietro le quali nascondersi. Mi meravigliano le cose inaspettate che accadono, alle quali lentamente ci si abitua, ma con piacere. Mi meraviglia quando qualcuno si salva per mezzo della rinuncia. Mi meraviglia il coraggio altrui.
Mi meraviglia rendermi conto che c’è sempre una probabilità per tutto, e che niente sia dato per scontato. Mi meraviglia chi ha imparato così bene il mestiere di vivere.
Mi meraviglia e mi conquista constatare quante cose l’amore muova.
E mi fa stare bene, stare qua e attendere i giorni che abbiamo davanti. I giorni futuri che si vedono già come onde alte sulla linea dell’orizzonte.

Wednesday, January 10, 2007

My day and the play

Ovvero: Canzoni per fare le cose.

Apro gli occhi col piumone ancora fino al naso, e il mio Ipod suona Paolo Nutini- These streets.
Mi faccio il mio caffè, un po’ più lungo di quelli che seguiranno, mentre suona Joan APW- The Ride.
Poi accendo il pc, e dalle casse mi viene addosso Trust me dei The Fray, a volume alto che tanto non mi sveglio mai tanto presto. I miei vicini (tutti e dodici) sanno che ora di pranzo solo se sentono questa canzone.
La prima paglia della giornata ha diverse varianti: ne conto almeno tre:
*Charlotte Gainsbuorg -5:55.mp3
*The Tellers –Second category.mp3
*Albert Hammond jr -101.mp3
Poi la doccia, e sfido il freddo con coraggio, mentre Pink batte pesa U and Ur hand. Se l’acqua è perfetta e mi trattengo in bagno, non corro rischi. Il media player sa di dover procedere oltre. Magari coi Red Hot –Tell me baby. Cantata a squarcia gola, senza affogare nella doccia per aver bevuto troppa acqua magari. Non se lo meritano di avermi sulla coscienza.
Poi:
al telefono con The Kooks –Naive. Accetto senza difficoltà anche la cover di Lily Allen, decisamente più minimale e indie.
Scrivo con Ludovico Einaudi…. Suoni a caso. (li ho tutti)
E ovviamente Jay Brannan, con Soda Shop o altrimenti anche Half boyfriend. Ma di Jay metto su davvero tutto, di quel poco. E se lui è bravo e si sveglia presto in quel di NYC, magari suono la sua musica mentre chiacchiero con lui su msn (eggià….. succede anche questo).
Poi, per fare l’amore nel prima e dopo (durante preferisco altra musica), put the coin and:
*Christina Aguilera –Dirrty.mp3
*Joan Wasser _Sweet thing.mp3
*Counting Crows –Colorblind.mp3
*Dave Mattews Band & Soulive _Joyful girl (Ani di Franco cover).mp3
*Juston Timberlake –Sexy back.mp3
*Lionel Ritchie and the Commodores –Easy like Sunday morning.mp3
*Orson – No tomorrow.mp3
*Regina Spector –Fidelity.mp3

A notte fonda, quando ogni cosa è immobile, torno al mio Ipod... e mi lascio andare con i Negramaro e la loro preziosissima Solo per te. E Anthony, mi fa sparire il giorno sulle ciglia socchiuse. You are my sister, Bird guhl, For today I’m a boy….
E buonanotte.

Tuesday, January 09, 2007

Più 30 che 20

Facile a dirsi. Come quando si approssima in matematica, che, superato il decimale del cinque, si arriva al conto superiore di un’unità. Già dai venticinque anni e mezzo, si è orientati alla decina del tre davanti. E quella è determinante. In realtà la tua vita va avanti come sempre. È piuttosto la coscienza che ne risente. Quando fai le tue solite cose, pensi che sarebbe il caso di smetterla. Come per esempio fumare. Io sono da tre anni che mi ripeto che a trenta smetto. Motivo questo per cui io abbia deciso di avere ventotto anni almeno almeno per i prossimi sei anni.
Poi, il trentenne va a ballare, ma non si lancia in pista per primo. Magari si avvicina al bar, a bere una birra, che i super alcolici non li si smaltisce più come una volta. Quando si hanno vent’anni si salta da una parte all’altra della pista, si ancheggia e si seduce il pubblico. E lo stesso ventenne, ma a trent’anni, quando e se messo in mezzo, si ritrova per caso su un cubo per il compleanno di un amico, preferirebbe che terra madre lo inghiottisse, masticandolo anche, o che Iddio lo chiamasse a sé in quell’esatto istante, anche per fargli pulire le scale del regno dei cieli ( che chissà quante sono… voglio dire, fin su al cielo addio proprio!).
Poi, altra cosa che i trentenni fanno ma, insomma mangari anche no: baciarsi avidamente in pubblico!
Quando si hanno vent’anni si fanno le prove di bacio artistico sull’anta dell’armadio prima di una serata. Magari con in cuffia un pezzo, per allenarsi a seguire il ritmo giusto. Dancefloor lemons. A trent’anni, se conosci uno in un locale, e lui tenta di baciarti, cerchi un angolo buio. E si smentisce sempre! Io? Quello? Un bacio! Ma va! Macchè lingua!
I trentenni non ballano alla moda, non conoscono quasi più le hit, e se tentano di cantare sopra un pezzo che conoscono, finiranno per sbagliare il testo. I ventenni in genere, quando fanno da contorno a queste scene ( e ce n’è sempre qualcuno attorno), sono capaci di ricoprire di pietas e commiserazione il trentenne con un solo colpo di spalle voltate (Immaginateveli, con magari ancora tutti i loro capelli in testa… che stizza!)
A me è capitato che un bellissimo ventenne di cui non farò il nome: Matteo, mi dicesse che gli garbavo, ma che ero in sostanza troppo vecchio! Io vecchio? Strana la vita. I miei genitori sospettano di me perché troppo ragazzino, e chi è ragazzino davvero, non si fida di me perché troppo vecchio. I trentanni o quasi sono la terra di mezzo.
A trent’anni non hai più gli sconti in aereo, e se per caso fortuito ti capita di essere ancora uno studente, le cassiere del cinema ti fanno il terzo grado per darti la riduzione del biglietto all’ingresso. A vent’anni conoscevo tutti i pr dei locali giusti; con un gesto mi si aprivano le porte. Adesso i pr sono tutti dei bimbetti un filo esaltati, che quando ti vedono ti dicono: aspetti un attimo e la faccio entrare. Sottolineo che mi danno del “lei”, e non nel mio senso preferito! Sottolineo anche che quell’attimo fuori all’addiaccio non è mai un attimo, ma minimo quaranta minuti.
A trent’anni non puoi più diventare famoso se sai ballare o cantare, a meno che non eviri qualcuno in piazza, ballando o cantando non importa, che allora finisci al tiggì.
Se si hanno quasi trent’anni, non si fanno gli squillini per salutare gli amici, né tanto meno si scrivono sms con le kappa (quello manco a venti magari eh?). E poi a trent’anni non è più possibile pagare le bollette sempre in ritardo, né non avere una minima idea politica.
E se si è fatto prima con la massima incoscienza… se a trent’anni scopi senza preservativo sei un emerito coglione.
E poi a trent’anni magari la smetti di mettertene troppe, su quello che potresti o non potresti fare. Man mano che si invecchia, molte cose si dovrebbero rivalutare: prima fra tutte… il senso della vergogna?
(…. Magari…..).