Monday, December 11, 2006

Shortbus

Sapete che non ricordo più neppure quando lo sono andato a vedere? Era la settimana scorsa e non sono riuscito a scrivere nulla per giorni. E il perché credo risieda nell’incapacità di distanziarmene in maniera lucida. Sì, sono uno di quelli che ne sono rimasti folgorati. Letteralmente.
Mi hanno chiesto di definirlo. Mi rendo conto io per primo che è una vera impresa. Dopo aver letto così tanto su questa pellicola, anche io avevo voglia di una mia opinione. E mi è servito del tempo.
Inizia con una riproduzione in plastico digitale di NYC, dentro il quale la camera ti fa vorticosamente scivolare. Una città che si risveglia lentamente dallo shock di aerei piovuto dal cielo; una città anche lontana dai serial glam modaioli, o dalle sparatorie a intrighi scopiettanti. Una città dove qualcuno dice che ci abiti anche gente normale. Poi il sesso, che non viene solo mimato in maniera ridicola. Finalmente nessun lenzuolo tirato ad arte sul seno delle donne, e cerotti inguinali per gli uomini. Qua il sesso si vede davvero. E perché non dovrebbe essere così? Non ho mai avuto la sensazione che fosse piazzato ad arte in maniera gratuita. Non era porno, non provoca nessun livello di eccitazione. È sesso, e lo conosciamo tutti.
Amo John Cameron Mitchell dai tempi di Hedwig, quel maledetto capolavoro. Allora mi ricordava la furia di una primissima adolescente Juliette Lewis, bellissima in una produzione da Tribeca fest. Una confezione perfetta per un oggetto altrettanto ben fatto. E con questo film mi convince sul suo incredibile talento, anche solo da regista e sceneggiatore, nel mettere in discussione molto della vita di chiunque guardi i suoi lavori.
Shortbus parla della paura; di quel coraggio che manca nell’essere individualmente perfetti. E tutti i personaggi spendono energie per adeguarsi a un modello. Così appare normale che una coppia gay monogama debba prima o poi aprire i propri argini, o normale che una ragazza che patisce una forte solitudine debba diventare una borderline per salvarsi. Così altrettanto normale che una donna creduta frigida, perda l’equilibrio per ottenere quello che hanno tutte le altre donne: un normalissimo orgasmo.
Fin qua non ci sarebbe molto di geniale. Ma ecco che nel corso della storia affiorano delle domande. Chi l’ha detto che comunque l’amore è solo a due? E se ci capitasse una contingenza che ci aprisse nuovi accessi? E ci piacesse più di quanto pensassimo mai? Se non avessi mo più orgasmi, dovremmo confinare noi stessi in un angolo del mondo? E se uno di noi davvero desiderasse una casa e un cane e un lavoro comunissimo? Anche quello sarebbe un contraddistinguersi.
Ho letto di come cast e regista abbiano fatto moltissimi workshop prima delle riprese. E di come abbiano scritto la sceneggiatura su quello che emergeva dalle improvvisazioni, dalla vera vita di chi abbia partecipato a questo film. Perché in mezzo a tutti gli scandali, a censure e preclusioni, si perde di vista un concetto semplice. Shortbus parla di una realtà che qualunque uomo o donna, superati i vent’anni, conosce o ha iniziato a conoscere. E sapete una cosa? È comico e intenso in egual misura.
Poi la musica…. Ah! Altro ingrediente graditissimo. Grazie a questo film ho conosciuto Jay Brannan. Il bel ragazzetto con la chitarra. Sono entrato nel suo blog di myspace e ho scoperto che sta per incidere il suo primo disco. Ha molto talento… e non parlo (solo) delle sue dimensioni esibite così, a sbertucciare il pubblico maschile. Poi stamattina mi sono “procurato” l’official soundtrack, e non trovo davvero nessuna scelta fuori luogo. Dai the Ark (redivivi), a Scott Mattews, frontman della band dello shortbus, e autore inoltre di quel bellissimo pezzo cantato da Justin Bond nel bel mezzo del Blackout: “The end”.
Oh insomma…
Totally impressed!

3 comments:

Anonymous said...

Lo andrò a vedere mercoledì, sperando di trovarlo ancora nelle sale.
Intanto mi ha fatto ridere la parte hot del sito: www.shortbus.it

Stimolate finché non carica gli spezzoni...

CornflakesBoy said...

Sister,
credo che questo sia un film che in ogni caso ti fa pensare e discutere. L'ho scritto anche nel mio blog. Credo tocchi delle corde scoperte. E' vero... è un grande regista.

Alec said...

sister.
Ti dico di più... la tua recensione mi ha fatto annullare un impegno per andare a vederlo in fretta. Inutile dirti che ero in prima fila, e al cinema non è proprio un bel colpo di fortuna. Povero mio collo straviziato!