Tuesday, October 24, 2006

Voce del verbo...

Frequentare: incontrare spesso determinate persone; ritrovarsi frequentemente con qualcuno: frequentare gli amici, cattive compagnie | (fig.) studiare, leggere assiduamente: frequentare i classici ||| frequentarsi v. rifl. rec. vedersi, incontrarsi spesso: due amici che non si frequentano più.


Sin da piccolo, quando voglio andare in fondo ai significati delle cose, mi affido al vocabolario. Con la speranza, forse, che le definizioni mi chiariscano una volta per tutte quale sia la reale destinazione delle azioni che mi riguardano. Così “frequentare” oggi diventa il mio interesse. E mi rendo conto di come questa voce nello specifico, infinita o riflessiva che sia, mi sta stretta come un paio di jeans lavati a novanta gradi.
Lui mi dice: ci stiamo frequentando! E io penso… ‘spetta che guardo nel dizionario! Lo so, è paradossale, ma è sempre meglio di far finta di aver capito.
Lui, è uno di quei lui, che sembra abbia infinite dita della mano dietro le quali nascondersi. Lui è uno di quei lui che certamente ha un nome proprio, ma che eviterò di scrivere. Ergo: lui sarà solo lui, o altrimenti detto… “ il cagone”.
Se penso al “ritrovarsi frequentemente”, mi viene in mente che allora frequento anche il mio portiere? Beh, mi capita di ritrovarlo al supermercato dietro casa, davanti al banco salumi molto spesso! Così come mi capita di frequentare anche la postina, che ritrovo sovente nell’atrio d’ingresso del mio palazzo! ( e io che pensavo di avere una vita sociale contenuta… adesso mi sento un poligamo fedifrago da gogna).
Frequentare amici o cattive compagnie? Mi piacerebbe braccare il cagone e chiedergli quale di questi due paradigmi crede sia più indicato per noi due. In ogni caso sfida la mia furia che minaccia percosse, senza indugio!
Da questa frettolosa speculazione necessaria mi viene in mente una domanda da porvi: quante volte ci consoliamo dietro nomi corti per estensioni di rapporto delle quali abbiamo paura? Quanto spesso succede che si abbia timore di dare il vero nome alle cose? La lingua di cui ci serviamo, e le sue definizioni, diventano davvero un legame, un modo di precisare l’idea che abbiamo dell’altro e della nostra volontà di tenercelo stretto?
La lingua non ha mai nessun dubbio? Nessuna soggettiva incertezza?
E in fondo: serve davvero?
Ti frequento, esco con te, ti vedo… evidentemente vie di mezzo di una linea tesa fra due punti: il non conoscersi e il promettersi ogni cosa. A me viene voglia di intenderlo come un percorso, come una traiettoria che valga la pena seguire. Il cagone fa finta di capire. Magari cerca ogni mio singolo termine sul suo dizionario. Prima parola da cercare:


Cagone: tu.
(chissà che faccia ha fatto!)

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