Friday, March 09, 2007

Oltre il mio inverno


Scrivere di nuovo. Succede davvero. Come tornare a casa. E fermarmi un attimo. Guardare intorno, con le valigie ancora chiuse in un angolo.
Come state?
Le suole delle mie scarpe sono un poco consumate sul bordo. Ho camminato in tondo, chiudendo gli occhi per perdere l’orientamento, il senso del tempo. E ho fatto tardi.
Mi capita che, quando i miei pensieri sono in corto, ho paura di mettere per iscritto la mia vita. Che possa rimanere così aria, da respirare; ma che forse non esiste davvero. Nego a me stesso la verità, finché una parte di me non si ribella. Quindi sì: a chiunque me l’abbia chiesto, rispondo: ho avuto delle cose da sistemare, un viaggio da fare, sonno da perdere in lunghe notti. Da qualche parte ho letto che le vere distanze, i veri percorsi inerpicati, sono quelli che dividono le persone. Ho colmato quel vuoto, quei passi e la loro fatica.
Ed eccomi qui. Di nuovo.
Ma non come prima. Ho imparato qualcosa sul destino, sulle scelte, su quei brevi momenti in cui puoi decidere davvero. E la responsabilità è una brutta bestia, una maschera sfigurata che abbiamo dentro, una delle tante sembianze di noi che appare allo specchio di sorpresa. E il momento suggerisce il da farsi. La voce del grillo parlante… ovvero il desiderio che emerge sulla paura del fallimento.
E se fallissi? Se ci si sbaglia? Ci si può perdonare? Il fiato corto di una rincorsa alla perfezione, forsennata, cosa ci lascia? Noi, noi tutti, solitudini imperfette, facciamo quel che possiamo. E io posso fare quello che ho fatto. Rimanerti accanto, e cercare di essere il meglio. Ma se non posso, o non potrò, voglio una cazzo di consolazione, che mi asciughi le spalle dal peso.
Ho avuto il mio inverno, sotto questo strano sole caldo. Ho avuto il mio gelo, che sgocciola dai tetti.
E ora che sono a casa, non disferò le mie valigie. Dentro ci sono solo mille inutili coperte pesanti. E tu, mi hai promesso giorni da tropico.

2 comments:

Casa_Libera said...

La vecchia zia legge che tempesta c'è stata ma che il sole splende di nuovo. Ella è contenta che ciò sia accaduto e gioisce nel rivederti, nel rileggerti, nel sentire nuovamente sensato cliccare sul tuo link. La vecchia zia, essendo vecchia sa che le si perdona tutto, subito si spertica nei suo consigli mai chiesti, forse inopportuni ma sempre sentiti. La vecchia zia esorta il giovane rampollo a non iniziare a farsi delle pippe mentali (tipica espressione da vecchia zia), elargendo la perla del giorno: le responsabilità non le puoi avvertire, non le senti arrivare, non ti ci puoi preparare. Dice cazzate chi dice il contratio. Le responsabilità le puoi solo vivere, giorno per giorno, ora per ora, cercando di fare il meglio per affrontarle. E la prima regola per fare ciò è essere sempre se stessi, mai quello che gli altri si aspettano da noi. Certo, essere se stessi vuol dire anche cambiare per fare la metà della strada che ci separa dall'altro, ma deve essere una scelta consapevole, voluta, condivisa. La vecchia zia si sente stanca adesso, oggi è stata alla manifestazione dei DICO e si è sentita stanca anche la, stanca di sentire troppe cazzate. Ma questa è un'altra storia...
Bentornato Alec!

CornflakesBoy said...

Alec, grazie per i complimenti che mi hai lasciato nel mio blog. Ovviamente anche la lunga chiaccherata al telefono con te, mi ha fatto pensare a come "l'amore ci chiede di essere un po' più coraggiosi, un po' più generosi e un po' più flessibili di quanto ci farebbe comodo essere. Amare significa vivere sul filo del rasoio più di quanto ci piacerebbe fare." Questa frase era tutta dedicata al tuo momentaccio che hai passato. 1 bacio.