Dieci anni andavo a vedere il tramonto. Guidavo la macchina di mia madre, dentro la quale mi era stato categoricamente proibito di fumare. Io facevo finta di dimenticarmelo, così passavo a prendere la mia amica Maddalena, la mia compagna di banco, e la portavo al mare. Appena lei entrava in macchina accendeva due sigarette, di seguito; una per lei e l’altra per me. Sapeva, senza che glielo dovessi ricordare, che doveva abbassare il finestrino. Aveva sempre un po’ di musica sconosciuta, che non si sentiva per radio o per tv. Diceva che gliela spacciava il cugino. Un cugino che io devo aver visto un paio di volte, ma di cui non ricordo nemmeno il nome. Era musica indie, si diceva. Così ascoltavamo la cassetta infilata nell’autoradio. Quando una musica non ci piaceva tanto abbassavamo il volume, e coprivamo l’aria di chiacchiere. Era l’ultimo anno del liceo, e figurarsi se non avevamo qualcosa di cui parlare. Le opinioni che esprimevamo erano il primo segno che potevamo definirci persone adulte, con delle idee. Eravamo forse un filo troppo cinici. Ma le opinioni migliori erano proprio quelle sarcastiche, ingrate, di sicuro successo.
Ma quando una musica ci piaceva, beh allora stavamo in religioso silenzio. Ci occupavamo solo di soffiare il fumo delle sigarette, già troppe, fuori dal finestrino.
Sono cresciuto in un posto dove, se sei fortunato e guidi svelto dopo i compiti, puoi vedere il sole che si tuffa sul mare. Io e Mad guardavamo il mare. Sicuri che dietro quel sole ci fosse un contorno di terra, prima o poi. Se cresci dove sono cresciuto io l’orizzonte lo vedi davvero, e il cielo ti chiude da parte a parte, come una campana, come un bicchiere che ti si rovescia sopra. Ricordo che lei sperava di fuggire, di andarsene da casa, perché dei genitori non ne poteva più. Mad aveva i capelli arruffati, e portava gioielli etnici eccentrici. Era la mia bellissima anima inquieta, seduta accanto. Io ero quel che ero, anche se non lo sapevo. Avevo perso quello che avrei definito in seguito: il mio più grande amore. Il mio amore che aveva preso un aereo ed era scappato da tutto. Un uomo che negli anni avrei inseguito, ripreso e poi perso. Un uomo che si è perfino sposato con un altro uomo.
L’uomo del cuore, che oggi amo come un fratello. Ma allora, seduto al volante della macchina di mia madre, con di fianco Mad, ignoravo ogni cosa. Era l’orizzonte a rapire il mio sguardo. Speravo solo di avere abbastanza vento nelle suole per poter inseguire quel che potevo solo immaginare.
Non passò molto che lasciai l’isola, arrivando da qualche altra parte. Mi lasciai Maddalena alle spalle, che mi salutò sperano che almeno io riuscissi ad avverare almeno la metà delle nostre promesse, del nostro coraggio chiuso in barattoli di vetro. Quei barattoli spesso mi sono serviti.
Ieri ho ascoltato una canzone di Ani di Franco. Una di quelle canzoni che fecero tacere me e Mad per un bel po’. Una canzone da tramonto sul mare. Una canzone che non ricordavo.
Penso solo che i miei orizzonti sono sempre lontani abbastanza per promettermi coraggio. E questo mi basta per sapere che quegli anni sono stati una delle migliori lezioni possibili.
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3 comments:
Leggerti e' sognare.
E' buffo che anch'io abbia oggi dedicato il mio post ad un amico.
Ma la grande sorpresa è sapere che tu hai la patente!!!!! Non lo immaginavo, non potevo immaginarlo.
Sei una continua sorpresa.
ho avuto tre amici di infanzia, di tre momenti differenti della mia giovinezza, ma li ho persi tutti e tre di vista. Solo uno è riapparso, proprio sul mio blog, poche settimane fa, provocando un mare di ricordi e di emozioni. Durate però solo lo spazio di queste settimane: qualche mail, una telefonata, poi di nuovo persi nel limbo delle nostre vite lontane. Dimmi invece che tu e maddalena siete ancora amici, dai..
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